CORRADO PELI E I RICORDI ANNI 80

Il 29 settembre scorso la libreria ha ospitato Corrado Peli, autore di un libro che mi ha immediatamente incuriosito.

Il titolo è 'I bambini della case lunghe' e narra delle vicende di un gruppo di ragazzini che dopo 30 anni, ormai adulti, si ritrovano

a fare i conti con un evento tragico avvolto ancora dal mistero. Tutto inizia con un lascito testamentario ad una parrocchia,

quella del loro paese appunto, su cui inizia  a fare accertamenti il prete incaricato alle verifiche, Don Stefano.

E se le cose non quadrano a lui, figuriamoci a noi che iniziamo a leggere.

Corrado ha la rara capacità di introdurre il lettore immediatamente dentro l'ambiente, con una sapiente ricerca

delle abitudini dei ragazzini negli anni 80, descrizioni di paesaggi, di una nebbia che ormai nemmeno ci si ricorda più.

E pare davvero di esserci lungo una di quelle carradone ghiaiate, e sfrecciare sulle grazielle a tutta velocità.

L'isprirazione, è chiaro, lo confessa, è nel mondo che ha vissuto lui, da ragazzino, in quelle medesime strade

di campagna, insieme ai suoi amici. Le gare, i nomignoli affibbiati alle persone (alcuni dei personaggi citati

nel romanzo, o meglio i loro soprannomi, esistono veramente: uno su tutti Carestia), la vita di parrocchia, i giochi, sono 

tutti elementi che provengono dal suo passato, e che in questo modo rimangono per sempre.

E una delle tante case padronali ormai lasciate in disuso ha fornito l'ispirazione al 'mistero' che è al centro 

del romanzo: un personaggio ricco, la sua donazione, un figlio segreto...e poi non aggiungo altro che 

come dice anche Rovazzi 'sono contraria a tutti gli spoiler'.

Corrado è una persona estremamente disponibile, che racconta fra il divertito e lo stupefatto le sue iniziali 

disavventure editoriali: l'essere costretto a cambiare il cognome, l'accettare una copertina, quella del primo romanzo

che non c'entrava niente con la trama. Cose che capitano agli scrittori alle prime armi.

E poi l'avventura dello scrivere che decolla, con Fanucci, che con questa collana di noir, di cui 'I bambini delle

case lunghe fa parte' a mio avviso sta facendo un ottimo lavoro.

E fra una chiacchera e un'altra, Corrado svela come questa bassa, questo paesaggio così diverso da tutti gli

altri condiziona tutti i personaggi del suo libro, a partire da Eleonora. Di lei mi è piaciuto moltissimo la descrizione

del tentativo di andarsene dal paese, come le acque alte che vengono 'forzate' nel loro corso nelle nostre zone.

E il suo ritorno, come le acque basse appunto, inevitabile, rassegnato. Eppure non c'è troppo pessimismo: è così

che vanno le cose, pare dirsi, nella bassa.

Non svelo altro di questo libro, perchè lo dovete proprio leggere: io me lo sono letteralmente bevuto in due giorni. 

E quando mi succede che un testo mi catturi così, significa che è proprio ben scritto.

Bravo Corrado e mi raccomando, io aspetto un altro romanzo presto!!!!!

 

Parlare con Luca Greco del suo libro è un viaggio.

Lo stesso viaggio che lui ha fatto in giro per il mondo per raccontare come ci siano tante persone che vivono separati da un muro dal loro vicino di casa.

Il muro di Belfast, che separa i panni stesi dai cattolici dalle finestre dei protestanti. I ricordi sanguinosi del passato contaminano anche la convivenza più o meno ordinaria dei nostri giorni.

Il muro di Hebron, città contesa da due religioni monoteiste, con posti di frontiera per attraversare un caseggiato. Lastre antiproiettile in luoghi in cui si dovrebbe solo pregare, e invece ci sono stati attentati.

Ma la storia più affascinante è senz'altro quella della popolazione del Sahara occidentale. Cacciati dalla loro terra che si affaccia sul mare, sono confinati nel deserto, dove non c'è nulla se non la loro tenacia e la loro identità.

Vecchi che tramandano oralmente la storia del loro popolo, che sperano ogni anno in un referendum per la restituzione di ciò che è loro. Giovani che magari partono per lavorare altrove, ma che ritornano a questo niente fatto di sabbia, perchè il richiamo dell'essere popolo è troppo forte.

E' davvero affascinante sentir raccontare di persone così tenaci, così ingiustamente provate dalla storia.  

Dalle nostre comode postazioni davanti al pc, ci sfugge spesso questa umanità raminga, segregata, che lotta per la propria identità.

Eppure è sufficiente una foto, potente come quella in copertina del libro, a spalancare una finestra su un mondo 'altro'. Luca sapientemente racconta l'origine di queste foto, di grandissimo impatto nella loro semplicità.

Da fotografa molto molto dilettante, non posso che rimanere affascinata dall'efficacia di questi scatti. E della vita che ci sta dietro.

Una vita avventurosa quella di Luca, che ha davvero moltissimo da raccontare di queste parti di mondo.

Invito a leggere il suo libro, ma soprattutto a capitare ad una delle sue presentazioni, davvero ne vale la pena!