INTERVISTA A FABIO MONGARDI E CHIACCHIERE IN LIBERTA'

La libreria Albatros ha ospitato sabato 16 giugno scorso Fabio Mongardi, autore de Il verme.

Incontro una persona squisita, dai modi affabili e un poco schivi, che mostrano davvero l’umiltà di chi si approccia alla scrittura senza tanti proclami.

Da poco in pensione, con una formazione tecnica alle spalle e un passato di educatore, ha esordito con un romanzo ambientanto a San Antonio di Medicina, Il verdetto muto, tradotto per il mercato tedesco ormai introvabile.

Pubblica poi il Caso Manzoni e infinte l’attuale Il verme.

Come ogni scrittore che si rispetti, è anche un fortissimo lettore, e seleziona i suoi autori sulla base di un semplice assioma ‘basta che abbia un bella scrittura, e il genere non importa’.

E questo porta Mongardi a spaziare dalla Beat Generation di Kerouac, passando per Roth con Nemesi, o Flannery o’Connor , Simenon.

Abbiamo fatto una lunga chiaccherata sugli autori americani, soprattutto degli anni 20-40, che troviamo concordemente davvero formidabili e attualissimi. (Vi consigliamo di rileggere Salinger, per esempio, se ancora non lo avete fatto).

Ho fatto poi alcune domande su curiosità spicciole, soprattutto sul modo di scrivere e da quali fonti trae ispirazione. Ha dichiarato di preferire la scrittura diurna, che gli consente più lucidità, accompagnata però dal silenzio (e questo può diventare un problema, in effetti….).

L’ispirazione che lo ha portato a scrivere Il verme è stata la pubblicazione a poca distanza di tempo, di due rapporti sui Sonderkommando, argomento su cui si è informato e che gli hanno fornito proprio la molla per scrivere il suo libro.

Libro letto da me, personalmente, e trovato davvero molto ben condotto.

I fatti sono ovviamente di fantasia, seppure storicamente dei deportati dalle province di Ravenna ce ne siano stati.

E di fondo c’è il male che ritorna, che magari compie una strada parallela alle persone comuni e poi fa una deviazione, ti taglia la strada o ti presenta i conti da pagare.

L’idea di male non è di vendetta comunque, ma di componente umana.

Abbiamo poi parlato delle diverse mode che a livello televisivo presentano i nuovi detective come ipertecnologici e con strumenti di analisi sempre più potenti.

Di fronte alla tecnologia però ne Il verme, come in altri romanzi noir, l’intuito di un investigatore, magari della ‘vecchia scuola’ è comunque superiore ad ognit tecnica.

Mongardi ha qualche progetto futuro, di cui ha svelato solo il più prossimo , ovvero un romanzo ambientato fra Bagnacavallo e Ravenna, di cui ha rivelato, giustamente, il nome.

Attendiamo fiduciosi l’uscita del prossimo lavoro e magari una prossima presentazione proprio qua in libreria!

 

 

Vi lascio quindi come consiglio di lettura, magari in vista delle vacanze, proprio Il verme di Fabio Mongardi, un giallo che davvero cattura, tiene con il fiato sospeso!

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Parlare con Luca Greco del suo libro è un viaggio.

Lo stesso viaggio che lui ha fatto in giro per il mondo per raccontare come ci siano tante persone che vivono separati da un muro dal loro vicino di casa.

Il muro di Belfast, che separa i panni stesi dai cattolici dalle finestre dei protestanti. I ricordi sanguinosi del passato contaminano anche la convivenza più o meno ordinaria dei nostri giorni.

Il muro di Hebron, città contesa da due religioni monoteiste, con posti di frontiera per attraversare un caseggiato. Lastre antiproiettile in luoghi in cui si dovrebbe solo pregare, e invece ci sono stati attentati.

Ma la storia più affascinante è senz'altro quella della popolazione del Sahara occidentale. Cacciati dalla loro terra che si affaccia sul mare, sono confinati nel deserto, dove non c'è nulla se non la loro tenacia e la loro identità.

Vecchi che tramandano oralmente la storia del loro popolo, che sperano ogni anno in un referendum per la restituzione di ciò che è loro. Giovani che magari partono per lavorare altrove, ma che ritornano a questo niente fatto di sabbia, perchè il richiamo dell'essere popolo è troppo forte.

E' davvero affascinante sentir raccontare di persone così tenaci, così ingiustamente provate dalla storia.  

Dalle nostre comode postazioni davanti al pc, ci sfugge spesso questa umanità raminga, segregata, che lotta per la propria identità.

Eppure è sufficiente una foto, potente come quella in copertina del libro, a spalancare una finestra su un mondo 'altro'. Luca sapientemente racconta l'origine di queste foto, di grandissimo impatto nella loro semplicità.

Da fotografa molto molto dilettante, non posso che rimanere affascinata dall'efficacia di questi scatti. E della vita che ci sta dietro.

Una vita avventurosa quella di Luca, che ha davvero moltissimo da raccontare di queste parti di mondo.

Invito a leggere il suo libro, ma soprattutto a capitare ad una delle sue presentazioni, davvero ne vale la pena!